Alle pareti della Study House al Prieuré D’Avon, Gurdjieff fece appendere uno scritto contenente 36 aforismi. Il decimo recitava: Non apprezzare l’arte col sentimento.
Eppure per l’arte il sentimento è motore e carburante al tempo stesso. Il riscontro ha sentimento, come l’onda di calore che travolge il frontman appena sale sul palco. Alcune recensioni hanno sentimento, hanno potere di emozionare.
Carlo Babando nell’ultimo numero di Blow Up mi ha davvero colpito. Non tanto per l’accostamento a Raymond Carver, che mi mette seriamente in difficoltà ma che forse è motivato dal fatto che anche Lucio Battisti era un uomo comune, viveva in modo minimale, a contatto con improvvisi flash di verità. Ma perchè in quel “meravigliosamente bene” credo che Carlo abbia colto e apprezzato la gioia dello scrivere, il trasporto provato nel mettere insieme pezzetti di un vissuto frammentario, poco noto e poco raccontato, all’alba di un decennio di silenzi e lontananze. La scrittura come una buona pietanza, cucinata con amore e dedizione in un laboratorio alchemico di parole e sapori.
Il mio librino è anche nella classifica dei top 2023 del mensile diretto da Stefano Isidoro Bianchi, ma ne parleremo in un’altra occasione – visto che è anche nella top 2023 di Fabio Zuffanti per Rolling Stone. Ora è il caso di ricordare che domenica 17 dicembre, al Teatro Bertolt Brecht di San Sisto a Perugia, in compagnia dell’assessore alla cultura Leonardo Varasano (autore di Nazione pop. L’idea di patria attraverso la musica per Rubbettino), racconteremo Lucio Battisti e i dischi bianchi. Inaugurati, con tutti i distinguo del caso, proprio da questo disco del 1982 incorniciato di bianco che ho raccontato nel mio ultimo libro.