Nonostante l’implosione della discografia e il corrispettivo trionfo del revival in ogni suo aspetto (dalle reunion allo sfruttamento del back catalogue) non mancano formazioni neo-prog che, passo dopo passo e disco dopo disco, crescono in termini di maturità e qualità. Pensiamo ai Conqueror, ai rinnovati Syndone, agli StereoKimono, tanto per fare qualche nome. A questi è doveroso aggiungere i Mogador.
Dopo un timido esordio in chiave new prog e un eccellente secondo album orientato a un concreto flash-rock, la formazione comasca torna con un progetto che si avvicina inesorabilmente ad una delle radici del progressive: la musica a programma e il poema sinfonico. “Absinthe tales of romantic visions” è infatti un’opera nata dalle suggestioni letterarie offerte da vari testi, tutti accomunati dall’influenza visionaria dell’assenzio. Insomma una progettualità non lontana dal modo di fare degli Hostonaten, tipica di tante opere prog (pensiamo ai Tales yessiani). Una suggestiva “idee fixe”: Poe, Baudelaire, Emily Bronte, Blake e altri debitamente riletti in chiave rock dai nostri. L’interpretazione offerta dai Mogador è eccellente: dopo la criptica overture di “Whispers to the moon” brani come “Dreamland”, “Where were ye all?” e l’articolata “Hardships” confermano il taglio dinamico e pungente del precedente disco, in un’ottica corale e sfaccettata nonostante qualche momento di stanchezza.
Varie voci, una notevole disponibilità stilistica – dall’acustico di sapore celtico al contrappunto in stile PFM, dalla ballata alla rock song più serrata – e una progettualità ben definita rendono questo terzo lp dei Mogador una delle migliori uscite prog italiane del 2012.
D.Z.