“Buon pomeriggio signor Donato, sono Carmelo e la chiamo per sottoporre alla sua attenzione una speciale promozione di Sky!”.
“La ringrazio Carmelo ma non le faccio perdere tempo, non guardo la Tv e Sky non mi interessa”.
“Ma come signor Donato? Il calcio, lo sport: non guarda queste cose? Ma cosa fa allora?”.
“Non sono affari suoi, grazie e buon lavoro”.
Maledetto orgoglio. Avrei rispondergli diversamente, senza troncare la telefonata: avrei dovuto dire al buon Carmelo che amo ascoltare musica, leggere e scrivere, e che le minchiate non fanno parte del mio mondo. Calcio e sport poi, figuriamoci: la vita è un soffio e va trascorsa per bene, abbeverandosi il più possibile alle fonti del sapere. Ma probabilmente non avrebbe capito, lui e quella stragrande maggioranza di esseri umani che vivono per il telecomando.
Scrivere per me è qualcosa di intimo, profondo, misterioso. Non è solo usare penna su carta o dita su tastiera. E' la fase terminale di un procedimento contorto e lineare, scuro e luminoso, torbido e limpido, che comprende letture, ascolti, riflessioni, contemplazioni, meditazioni, lotte furiose con i demoni, to hell and back again. Come il cacio sui maccheroni arriva in mio soccorso Giorgio Manganelli: “Scrivere significa mettere in movimento forze oscure, che sono in rapporto col mondo dei lemuri e dei mostri, con gli gnomi. I sogni comunque non c'entrano. Ma è un lavoro nella caverna, scrivere, una penombra mentale. Non si sa cosa ne vien fuori”.
Che nulla accada per caso e che tutto sia collegato in un enorme e sconfinato “qui ed ora” lo sento da sempre. Tutto ciò che accade, accade ora. Da tempo non aggiornavo questo mio diario on line: impegni, lavoro, la fresca paternità, questo spazietto autoreferenziale cominciava a diventare un di più del tutto trascurabile. D'altronde non sono certo Robert Fripp, recordman delle web confidenze sul sito DGM. Con la nascita della mia bambina scrivere sta diventando più complicato: non è questione di tempo sottratto (anzi: la piccola è un monumento di discrezione, tutta sua mamma!) ma di concentrazione. Un orecchio è sempre sintonizzato sulle frequenze della culla, dalla quale quando meno te lo aspetti può arrivare qualsiasi suono… Eppure, riflettendo bene sul contesto pluriennale nel quale sono nati i miei articoli, i miei libri, i miei studi, il disordine è una componente essenziale. Siccome nulla accade per caso (come la mail di una ragazza che mi scrive per complimentarsi per un mio post stimolandomi a riscrivere), apro l'opera omnia di Piero Chiara testè arrivata e cosa ci trovo? “Io quando scrivo devo alzarmi ogni dieci minuti: aprire un libro, guardare dalla finestra, prendere il cannocchiale e osservare le montagne o guardare i fiori che spuntano sul mio terrazzo di Varese o telefonare a un amico per combinare una partita a carte”.
Qualche minuto dopo la telefonata promozionale, sul mio taccuino di annotazioni spicca a chiare lettere, incastonato tra frasi smozzicate e affollate, il seguente appunto: 25 settembre 2012, h. 16.48: DISCIPLINA. Sotto i miei occhi un tè ancora fumante, un bel malloppone di nuovi libri arrivati proprio oggi via IBS e spulciati in modo disordinato come da rituale, un notes brulicante di inchiostro con la Union Jack che mi fa sentire così cosmopolita. Troppo caos sulla mia scrivania pomeridiana, ho bisogno di disciplina. Guarda un po': di fronte a me, nel suo giallo regale, spicca il 33 giri di una band che di disciplina ne sa qualcosa. Perchè nulla arriva per caso, come il terzo di un paio perfetto.