Torino non è New York, cantava quel disgraziato di Enzo Maolucci.
Me lo fece conoscere proprio Marcello Capra, che di quel pezzone elettrico dei tardi anni 70 scrisse il riff ficcante, motore caldo di tutta la faccenda. Ricordo un bel pranzetto torinese, con il Maolucci che rivendicava, come Finardi e Bennato ai tempi d’oro, la fedele militanza rock and roll.
Torino non è neanche Venezia.
Basta vedere Un’anima persa in pellicola, un’opera avvincente grazie a una combinazione di talenti, visioni e sensibilità e a un Gassman debordante (sarebbe stato strano il contrario). Amo il film di Dino Risi, non è ambientato nella Torino operaia e periferica del romanzo di Giovanni Arpino ma il senso di sospensione misterica tutto lagunare, tremolante, ha il suo fascino.
Prima di partire per Milano sono tornato a prendere il libro. Necessità impellente di rilettura.
Peraltro questa edizione d’annata, confezionata nel 1966 per il Club degli Editori da Bruno Munari, accentua l’anima diafana – persa e ritrovata – della scrittura di un grande autore.