1 agosto 2022.
Oggi avrebbe compiuto ottant’anni uno dei musicisti a me più cari.
Ha lasciato il suo corpo e la sua chitarra a cinquantatre. Credo avrebbe avuto ancora qualcosa da dire, nonostante l’intensità straordinaria con cui aveva calcato i palchi dalla seconda metà degli anni Sessanta. Quante vite ha vissuto Jerry.
Benché, per gusti strettamente personali, i miei Grateful Dead erano soprattutto le combinazioni tra le bombe di Phil Lesh e le dinamiche ritmiche targate Kreutzmann/Hart, grazie a lui ho imparato tanto. Il veicolo musicale che ha guidato, cosmico e terreno (per citare Eddy Cilia), ha insegnato la bellezza dei brani che fluivano l’uno dentro l’altro col sorriso, la libertà, la devozione.
E poi alcuni passaggi storici, dal rock acido e psichedelico al country celeste, hanno indicato una via: passare dalla barricata alla tradizione con la consapevolezza del proprio essere.
Oggi risuona Althea a volumi bianchi, pensando al dito che non c’era più e alle vibrazioni tra le piramidi.
(ph. Baron Wolman)