Quanto sono affascinanti questi compositori solitari, one man band e piccole orchestre individuali che si muovono on the border, ai confini tra avanguardia e popular, tra progressive e colta contemporanea. Come Simon Steensland, Robin Taylor e Ant-Bee, Mike Judge si caratterizza per una scrittura gravida di riferimenti (dalla fusion alla world music passando per l'hard sound), compresi quelli extramusicali (es. il cinema di Pabst).
Judge è il musicista che si cela dietro il progetto The Nerve Institute, che trova finalmente un'adeguata collocazione nella scuderia Altrock, ormai attenta e appassionata sostenitrice di realtà di frontiera come questa. Ciò che stupisce di “Architect of flesh-density” (splendido titolo nonchè manifesto programmatico) è la densità delle influenze, la cui mole è solitamente comprensibile in contesti collettivi in cui lo scambio tra diverse personalità è la chiave di volta.
Prendiamo pezzi lunghi e articolati come “Horror vacui”, “Prussian blue persuasion” o “Bande magnetique”: operazioni intriganti per l'arrangiamento non autoreferenziale ma soprattutto per il lavoro sulle chitarre. Degno emulo di Frith, Fripp e Gottsching, Judge assembla una ricca sequenza chitarristica calandola in un contesto aperto sia agli sviluppi liberi del rock-jazz sia al piglio wagneriano caro ai Magma, come emerge ad es. da “La jalouise”, zappiana nello sviluppo e nel graffiante solismo.
Un ottimo album, caratterizzato dalla ricchezza del linguaggio e dalla inattesa fruibilità, ferma restando la prospettiva di ricerca.
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D.z.