Iglesia Bitolsiana.
Avendo costruito un’identità acalcistica, più che anticalcistica, non posso rivelare che Maradona l’ho visto giocare. Che cercavo come tutti la sua effigie – valeva 100 figurine negli ambienti dello scambismo analogico di trentacinque anni fa; Platini 90 e Rummenigge 80, se non ricordo male – per finire la pagina e coprire quell’odioso quadratino bianco accanto al suo collega di squadra che somigliava a Lucio Battisti, ma figurati se mi sovviene il nome. Che partecipai persino alla sfilata locale quando il Napoli vinse il primo scudetto, ma rigorosamente ai margini del corteo come gli anarchici riottosi.
Meglio rivelare la gioia da cane sciolto che annusa vecchi testi come ieri notte, quando nello scartabellare nell’area classic rock di una delle mie librerie ho tirato fuori l’inverosimile per buttare giù una prima bibliografia. Ho ritrovato un librino che non toccavo dalla sua uscita, ottobre 2012: Let It Beatles di Kerbaker e Tonti edito da Skira, un adorabile scambio epistolare, ironico botta e risposta in materia beatlesiana. Dougie Millings collarless Soho suit in copertina.
La sensazione della scoperta nella familiarità, dell’ignoto nel noto, è inebriante. Si scava nei ricordi e si trovano zone d’ombra calcistiche, si spulcia nella propria biblioteca e si ritrovano pagine dimenticate. Separiamo il sottile dal denso con grande industria, disse il tale tre volte grandissimo. Quasi quanto Diego e John.