A volte mi perdo.
Spesso in balia di pensieri fissi, ossessioni, osservazioni. Quante doppie esse in una sola frase.
Ieri ad esempio gironzolavo intorno all’aneddoto della più giovane delle nipoti di Gurdjieff, che gli controllava la temperatura del caffè arabo ventitré volte. Oppure se è meglio dire Osiride il Grande Verde o il Vegetante, o se Van Morrison quando canta con gli occhi chiusi li stringe proprio o ha la fessurina per vedere se lo ascoltano.
Poi mi viene in mente Corso Vittorio Emanuele a Piombino – l’angolo del Palazzo Comunale e della Torre dell’Orologio – che lentamente degrada verso Piazza Bovio, dal neogotico ricercato al teatro del mare.
Accanto ai portoni laterali ci sono quattro anelli di metallo, quelli per legare i cavalli, ma c’è di più. Come Atum-Khepri combina le varie manifestazioni del sole, così in un simbolo ne sono assorbiti tanti altri: Marte, il ferro, il Toro, il cinque – molteplicità e cambiamento – e l’antica forgiatura medicea.
Lost and Found.