Luoghi e musica. Citi Canterbury e ti viene in mente un suono e uno spirito, pensi a Seattle e partono riffoni slabbrati, Liverpool e capelli a caschetto al suono del Mersey Beat, Chicago e il vigore elettrico della Chess. Ma Cucamonga evoca un baffone, un'attitudine irriverente, una maestria musicale senza eguali, una prolificità impareggiabile.

Non è un caso che questa giovane band argentina si chiami proprio così, come la cittadina californiana nella quale – complice il Pal Recording Studio di Paul Buff, poi divenuto Studio Z – un giovane Frank Zappa cominciò a lavorare dal 1961 fino al 1964. Inevitabile per il quintetto prendere spunto e ispirazione dalla lezione zappiana, sia quella del 1969 di “Hot Rats” che quella del 1972 di “The Grand Wazoo”.

Gli otto minuti di “Tetascotch” e la solenne chiusura di How To Make Soap Video'>How To Make Soap Video

“Cletalandia” fungono da manifesto programmatico: una sarabanda di temi, sviluppi e collage vocali con un'accortezza speciale sull'elemento ritmico, che come da manuale sfrutta marimba, vibes e un piano elettrico virato spesso in funzione percussiva. Quello che però distingue la band di Santa Fe dai numerosi imitatori zappiani è l'ampiezza del discorso: elementi di derivazione RIO cari anche a Robin Taylor (“El dengue de lalaguna” e “Variaciones sobra tu hermana”) e riferimenti latino-americani (la rielaborazione della tradizionale “Tillana”) convivono in un debutto che ha già una buona idea di fondo e una direzione segnata.

Aspettiamo i Cucamonga al secondo album, invitandoli ad investire non solo sulla competenza e la bravura esecutiva ma anche (se non soprattutto…) sulla personalizzazione.

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D.Z.